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La cultura digital entra sempre di più nel tempio dell'arte moderna e - tutti noi - ne porteremo un po' in tasca

Il primo set di Emoji entra a far parte della permanente al Moma di New York

Quando nel 1998 Shigetaka Kurita ha disegnato il primo set di glifi per la sua azienda, l’operatore telefonico giapponese NTT DoCoMo, non avrebbe certo potuto prevedere né di cambiare i paradigmi della comunicazione verbale né che finissero nello stesso ecosistema che ospita La Notte Stellata di Van Gogh o le Ninfee di Monet.
Il primo set di Emoji, composto da 176 soggetti, a fine anno farà infatti la sua prima comparsa nella collezione permanente del Moma di New York, 176 pittogrammi 12×12 pixel.

Il successo delle Emoji è stato circoscritto al panorama nipponico per diversi anni conoscendo la popolarità a livello mondiale solo nel 2010, quando vennero approvati dall’Unicode Consortium e poi – nel 2011 – integrati negli iPhone. Da allora le Emoji (parola che in giapponese rappresenta l’unione di tre parole, immagine, scrittura e carattere) sono riuscite a penetrare in maniera capillare nella cultura, fino a modificare il nostro modo di esprimere le emozioni da tastiera. Questo set di Emoji verrà esposto da dicembre su un display che incorpora grafiche 2D e si aggiungerà al simbolo @, a Tetris, Portal e una scheda Arduino, nella collezione di oggetti digital che vanta il Museum of Modern Art.

 

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